Intervista a Infonopoli
Intervista pubblicata nel numero di dicembre 2005 di Infonopoli
Di Gianluca Valentini
1. Quando un comico è davvero creativo.
Quando si fida della sua sensibilità e sa aprire gli occhi su ciò che lo circonda, per raccontarlo e raccontarsi: uomini donne cose animali luoghi passioni viaggi ristoranti calciatori seni bicchieri letti assi del water auto moto mutande santi e fanti... cioè la vita.
A volte il comico non si fida troppo di sé e della sensibilità che gli appartiene, ma neppure vuole rinunciare alla sua lettura comica o ironica del reale. Per questo spesso i comici lavorano in coppia o in gruppo.
2. A chi fa paura oggi la satira.
Bisognerebbe prima capire se oggi c’è ancora qualcuno che fa davvero satira. La satira ha fortune cicliche. E forse questo non è uno dei periodi più frequentati dalla creatività satirica.
3. 60 anni fa l’America radeva al suole Hiroshima e Nagasaki nonostante la resa incondizionata del Giappone: chi sono oggi i terroristi.
Il taglio della domanda ci pare che abbia in sé già parte della risposta. Forse esistono due tipi di terrorismo, uno “canonico”, l’altro più subdolo perché appartiene ai più forti e segue strade apparentemente più lineari e accettate. Nessuno dei due è meglio dell’altro.
4. “Quella volta ho volato. Storie d’amore”, il vostro ultimo libro, davvero splendido e spiazzante, per due come voi. Certo, il comune denominatore è sempre l’ironia, nelle 25 storie d’amore in questo caso ma qui dentro ci sono argomenti scottanti: il G8, la grigia Milano di notte, insomma come vi è venuto in mente, perché un libro così.
La cosa è molto semplice. Abbiamo raccolto scritti, “smemorandiani” e non, già pubblicati negli ultimi anni. Ad essi abbiamo aggiunto alcuni racconti inediti, come il primo, “Ginostra”, che si basa su una storia vera. Alla fine di tutto ci siamo resi conto che il filo che legava questi racconti era proprio l’amore, inteso in senso lato. Si può amare, oltre a un uomo o una donna, anche una terra, un motorino, una figlia, un paio d’occhiali… Si può capire odio e amore anche per le strade di Genova, con gli elicotteri sopra alla testa e una marea di volti, tanto diversi tra loro, che ci credono…
5. Cinque anni fa rimasi sorpreso da un libro che si chiamava “Neppure un rigo in cronaca”, un romanzo da voi scritto in quella Milano bianco e nero degli anni 50-60. Un libro sottile, fine, quasi sussurrato, descritto minuziosamente come farebbe un Fassbinder o un Wenders, a metà tra lo humor, lo humor nero e la fantasia. Come nacquero le idee per quel libro. Fu davvero una scelta ancora una volta spiazzante per il pubblico.
Come si dice di solito? Grazie per la domanda?... “Neppure un rigo in cronaca” nasce dalla voglia di raccontare anni non troppo frequentati dalla narrativa. Sono gli anni della nostra infanzia milanese, vissuta in quartieri attigui (porta Romana e porta Vittoria). Gli anni Cinquanta. Anni strani. Non era più il dopoguerra e non era ancora il pieno boom economico. Ci si arrabattava in un delizioso mondo piccolo-borghese… Noi eravamo bambini. Raccontiamo nel “Rigo” la nostra infanzia. Ma anche un’Italia molto meno banale di quanto si possa immaginare. All’uscita il libro ebbe ottime critiche e un buon seguito, ma soprattutto tra i lettori adulti. Noi sinceramente l’avevamo scritto soprattutto per i ventenni. Ci piacerebbe che le nuove generazioni riscoprissero questo libro: capire le nostre radici significa vivere una contemporaneità più consapevole… Al di là dei discorsi “alti” comunque ci siamo molto divertiti a scriverlo, questo nostro primo e per ora unico romanzo. C’è dentro molto di noi. Con amore e anche un po’ di ironia. Se dovessimo offrire un soggetto per il cinema daremmo questo. Ma Fassbinder non può più farlo e Wenders viaggia dalle parti di Cuba... Ci toccherà accontentarci di Scorsese!
6. Essere sempre diversi di volta in volta, non copiare mai voi stessi, lasciare andare il cervello, far funzionare le meningi. E’ questo il vostro successo. Che mi dite?
Ti diciamo che hai condensato (con generosità) parte del nostro modo di essere. In realtà ci piace fare le cose che ci divertono. Con le persone con le quali ci troviamo bene. E delle quali siamo pienamente convinti (cose e persone). Ci piace farlo con onestà nei nostri confronti, prima di tutto. La cosa di solito ci viene riconosciuta nei fatti da chi ci vuole bene e ci segue, ma questa è solo una conseguenza piacevole di un modo di lavorare non troppo calcolato. Pare impossibile ma è così. Nella vita siamo stati molto fortunati perché riusciamo a lavorare bene senza vivere troppe contraddizioni. E non intendiamo cambiare. D’altra parte l’anno prossimo festeggeremo i primi trent’anni della nostra attività (iniziammo nel ’76 a Radio Popolare): se non siamo cambiati fino ad ora…