Andemm al cinema

Andemm al cinema

Andemm al cinema
a cura dell'ANICAGIS lombarda

(da Il pianeta dei Bauscia, Baldini & Castoldi editore, 1993)

 

Tra le nuove iniziative messe a punto dalla Lega Nord e dal suo consulente culturale Philippe Daverio spicca il progetto di realizzare alcuni film che abbiano come riferimento l'operoso universo lombardo. Ecco i soggetti dei primi lavori sovvenzionati dalla neonata «Shark Production».

 

NORD, di Gabriele Salvatores. È il film della maturità del grande regista milanese. Una riuscita sintesi tra i suoi due film più sentiti, Mediterraneo e Sud. È la storia di un gruppo di amici di Trucazzano, tutti ex compagni di scuola che non si vedevano da anni, che si ritrovano per caso all'Idroscalo. Sulla desolata spiaggia meneghina la nebbia si dirada all'improvviso e, dal nulla, compaiono due porte (Valeria Golino e Francesca Neri) e una palla (Marisa Laurito). Straordinaria l'immedesimazione di Diego Abatantuono nel personaggio centrale del film: per interpretare l'Idroscalo Diego è dovuto dimagrire di 20 chili.

 

AMBROGIA PER SEMPRE, di Marco Risi. Commovente storia di un travestito di Busto Garolfo che fa la vita in via Melchiorre Gioia, a Milano, zona cimitero Monumentale. I viados brasiliani gli fanno la guerra perché sostengono che Ambrogia fa fisicamente schifo e gli rovina la piazza. In realtà è vero che Ambrogia non è bellissima, però è altrettanto vero che in cinquant'anni di «rollate» un suo pubblico se l'è costruito, per cui è im­morale che ora degli stranieri appena arrivati la caccino dal suo posto di lavoro. Così Ambrogia si rivolge a Umberto Bossi che, dopo averla sedotta, va al Monumenta­le, fa una retata di viados, li mette tutti in fila a 90 gra­di, si cala i pantaloni e... Il finale non è possibile rivelar­lo perché gli sceneggiatori Rulli e Petraglia di finali ne hanno scritti almeno tre e, per evitare esiti scontati, sce­glieranno solo all'ultimo momento quello da inserire.

Tra gli interpreti spicca la bravissima Angela Finoc­chiaro, che ormai ci ha abituati a passare dal comico al drammatico con identica smisurata efficacia. Qui forni­sce un'ulteriore prova della sua duttilità dando voce e corpo a un credibilissimo Umberto Bossi. Meno a suo agio Silvio Orlando nella parte di Ambrogia.

LAMBROSSIK PARK, di Steven Spielberg. È la versio­ne lombarda del miliardario Jurassic Park. Uno scienzia­to pazzo riesce a riportare in vita un dinosauro dell'età della pietra e lo piazza in una gabbia al Parco Lambro. Purtroppo Miglio riesce presto a scappare e a terrorizza­re la città.

SCUOLA DI LOMBARDIA 6, di Jim Drake. Esilarante film su un corso di giovani aspiranti lombardi. I ragazzi, tutti sessualmente molto dotati, devono sottoporsi alle prove più incredibili per superare gli esami di idoneità. Indirizzato soprattutto al pubblico dei teenager, il film è pieno di situazioni boccaccesche e provocatorie forse un po' forti ma perfettamente in linea con la tradizione del neorealismo padano. Si pensi alla prova d'esame co­siddetta «cremonese». Qui i candidati, dopo aver inge­rito sei chili di torrone morbido al cioccolato, devono sforzarsi di produrre un bello stronzo a forma di Lom­bardia. I più meritevoli, oltre al diritto di entrare con encomio nella Lega Nord, avranno la grande soddisfazione di veder esposta la loro opera nel prestigioso Museo di Casalpusterlengo intitolato a Umberto Bossi, l'uomo che più di ogni altro ha fatto per gli stronzi di tutta la Lombardia.

 

IL CIELO SOPRA BERGAMO (Der Himmel über Birgum), di Wim Wenders. Si tratta di uno storico documentario girato in bianco e nero con eccezionale maestria dallo scomparso cineasta tedesco. È la testimonianza cruda e poetica di una giornata fondamentale per la storia dell'umanità: quel 3 ottobre 1990 in cui venne definitivamente abbattuto il «Muro della Vergogna», quello che separava «Bergamo di Sopra» da «Bergamo di Sotto».

La cinepresa di Wenders fissa per sempre la nascita della Grande Bergamo, un colosso politico ed economico col quale tutta l'Europa, a cominciare da Brescia, dovrà domani fare i conti.

Nelle strade e nelle piazze migliaia di bergamaschi «de hura» e «de hotta», finalmente affratellati, festeggiano l'inizio di questa nuova era. Messaggi giungono da tutto il mondo. Si scomodano personalità del calibro di Gorbaciov (che parla di «spartiacque tra due epoche, simbolo e, speriamo, fattore di un universale ordine di pace»), della Tatcher, di Bush, di Mitterrand, perfino di Mondonico, l'indimenticato trainer che portò per la prima volta l'Atalanta in Uefa.

Memorabile anche l'intervista di Wenders al sindaco di Brescia, «la vicina che ha paura», come l'ha definita Enzo Biagi. Il sindaco in tono pacato, forse rassegnato, saluta l'unificazione e con grande senso di responsabilità parla di «impossibilità di fermare il corso della storia. E’ vero, oggi abbiamo paura, ma confidiamo che i bergamaschi di domani siano migliori di quelli di ieri e che non si risollevino mai gli antichi sentimenti xenofobi».

Di grande effetto per i cinefili anche l'immagine di Umberto Bossi che nel cuore della notte davanti ai bergamaschi in delirio si affaccia a un balcone di piazza del Duomo a Bergamo Alta e, avvolto in una bandiera dell'Atalanta con al fianco Rubagotti, urla in lacrime: «Bergamo è la nostra patria! La Lombardia il nostro futuro!» Per contrappasso, in un angolo della piazza, Nicola Trussardi, bergamasco purosangue, su una bancarella improvvisata presenta ai suoi concittadini, come un qualsiasi «vù cumprà», la sua nuova collezione «inside», cioè tutti quegli oggetti che stanno «dentro», come le penne, i portafogli o i marroni.

Infine il sondaggio dal vivo, condotto personalmente da Wenders, su chi sarà l'uomo al quale, dopo le elezioni, verranno affidate le sorti della città. Gli intervistati non hanno avuto il minimo dubbio: il primo «borgomastro» orobico, colui che la Storia chiamerà a traghettare la Grande Bergamo verso il suo futuro, sarà il direttore dell' «Indipendente», il bergamasco Vittorio Feltri. Il sempre amabile Feltri si è detto onorato e ha accettato la candidatura alla condizione che sulla sua poltrona di direttore dell'«lndipendente» vada a sedere, per motivi di continuità, un altro bergamasco che sappia non farlo rimpiangere dai suoi lettori. Se Felice Gimondi si libererà in tempo del contratto con la Bianchi-Cucine Berloni è fatta.