Chiamatemi Kowalski

Chiamatemi KOWALSKI (1987).

Regia di: Gabriele Salvatores
Produzione: TroVaRoBo per il Teatro Ciak, Milano.
Scritto con:
 Paolo Rossi e Davide Riondino e interpretato dagli stessi Rossi e Riondino con i musicisti Marco Bigi (tastiere) e Roberto Coppolecchia (sax).

 

Descrizione


Lo spettacolo nasce con la complicità del palchetto di Zelig. Lì Riondino e Rossi approfondirono la loro conoscenza anche artistica (Rossi a Zelig era di casa, Riondino ci arrivò anche grazie al settimanale satirico Tango di Staino sul quale scrivevamo sia noi che Davide. Rossi e Riondino, col logo di Tango erano inseriti nella programmazione del cabaret Zelig). L’idea era quella di un viaggio immaginario, una specie di “inevitabile” collisione tra l’icberg e il Titanic (e non il contrario…). Un viaggio tra ricordi divertiti, presenti scomodi, visioni futuribili, con testi a volte esilaranti e intuizioni geniali, come quella dello Sgurz (idea di Riondino). Lo Sgurz non si può spiegare. E’ una specie di “onda” che quando c’è ti fa comportare in maniera follemente perfetta… O quella della cutrettola che incontra per la prima volta un aereo, quello di Lindbergh, e non conoscendo gli aerei ci va a sbattere contro.
Sulla scena un incontenibile giullare ormai al top (Rossi) e un compassato quanto puntuale cantastorie (Riondino) esaltarono i testi scritti a otto/quattro mani in perfetta sintonia. Noi lo consideriamo uno dei nostri spettacoli più originali e riusciti, e forse il migliore di Paolo assieme a C’è quel che c’è. A creare sul palco atmosfere di grande efficacia contribuirono la fugace quanto precisa regia di Salvatores e l’uso morigerato ma intenso dei musicisti in scena. Lo stesso Gabriele Salvatores - come ci ha di recente ricordato Paolo Rossi - è stato praticamente l'ispiratore del personaggio di Kowalski già dai tempi della tournée di Comedians, in quanto il "ribelle" Rizzo di Comedians era idealmente "fratello" di Kowalski medesimo. Le canzoni di Riondino erano di qualità. Le migliori che ha scritto.
Alcuni dei monologhi storici che abbiamo creato per e con Paolo Rossi fanno proprio parte di questo spettacolo. Ne citiamo qualcuno (reperibile anche nei due libri Baldini e Castoldi Si fa presto a dire pirla e Era meglio morire da piccoli). “Il foruncolo”, “Il pianeta Craxon”, “Le sette vite” , “Il sogno”.
Una curiosità: il Kowalski del titolo, che molti hanno creduto essere il Marlon Brando portagonista di Un tram che si chiama desiderio oppure il replicante di Blade Runner, in realtà era il cognome della nonna istriana di Paolo Rossi!


a cura di
Gino & Michele

 

Contributo 
Il pianeta Craxon e l’uomo dai mille cazzi
(Tratto dal copione originale dello spettacolo e pubblicato da Baldini e Castoldi in Si fa presto a dire pirla, di Paolo Rossi, 1992)

Berlusconi non è terrestre, viene da un altro pianeta: il pianeta Craxon. Il pianeta Craxon è un pianeta molto elegante: disegnato da Trussardi, costruito da Ligresti, arredato da Gae Aulenti. La polizia è bellissima: sono tutti modelli di Armani che sembrano giovani nazisti.

Ma non sono poi così giovani. Loro ti fermano per strada e ti dicono «Polizia» (apre la giacca come fanno i modelli durante la sfilata). Se hai le calze di acrilico s'incazzano. È un pianeta strano, è un pianeta popolato di cognati, un pianeta pieno di guru, un pianeta pieno di cose strane, ma del resto, se non ci fossero loro, che cosa ci farei io qui? È un pianeta dove misurano il tempo in maniera strana: non so, non dicono «È il3 giugno del 1987», dicono: «È il 36° padiglione della 26a biennale... cazzo, mi scappa la tangente!». È un pianeta con tante particolarità: dove ci sono congressi della mafia aperti al pubblico e canta Frank Sinatra... è un pianeta allegro, è un pianeta dove ci si divertirebbe se non ci fosse la terribile minaccia dell'imperatore Ciriaco De Ming. Uomo truce, di poche parole, però queste poche incomprensibili. Lui pensa di non essere temuto. Ogni tanto arriva su Craxon e inizia a parlare... Non è che non lo temono, è che non capiscono un cazzo di quello che dice. Sono mesi che dice: «31 marzo!» e questi se ne fregano...

Ma quello di cui voglio parlarvi stasera è la storia di un uomo che lavorava per Berlusconi e che scopava pochissimo perché, riunione dopo riunione, lui con sua moglie niente; ci aveva sempre qualcos'altro da fare. E poi lui aveva un sacco di problemi perché tu quando vai alle riunioni di Berlusconi devi essere sempre a posto: cravatta giusta, scarpe giuste, pettinato giusto... Quello lì ha uno sguardo... insomma, ha una supervista: se vede che non hai su i boxer è capace di circonciderti solo con lo sguardo! Lui aveva preso alla lettera la strategia di Berlusconi: solo che ogni tanto esagerava. Se per esempio requisivano uno stabile lui non parlava di inquilini, ma diceva: «Abbiamo fatto delle agevolazioni per i prigionieri» ...

Lui aveva provato con tutto per essere tranquillo: aveva provato con il training autogeno, aveva provato con la meditazione trascendentale, aveva provato con lo yogurt... C'era solo una cosa che funzionava: pregava san Martino.

Un giorno però per la costanza di pregare, gli appare davvero san Martino. Lui per un momento pensa che sia Berlusconi. Lo vede arrivare e dice: «Dottore!» «Non sono il dottore, sono solo san Martino!» «Ah, mi sembrava fosse arrivato in elicottero... »

«Ragazzo, io ti sono grato perché tu mi hai pregato per tanto tempo e ti regalo quattro desideri: fanne tu quello che vuoi.» «Grazie san Martino!»

Cosi questo qui è andato a casa, non è andato neanche più alla riunione: «Moglie, me ne sbatto i coglioni della riunione: san Martino mi ha dato quattro desideri! Col primo posso diventare Berlusconi, col secondo ritornare me stesso, col terzo ritornare ancora Berlusconi e col quarto, se mi gira, posso avere anche la diretta!» E lei gli fa: «Mi dai un desiderio anche a me? Ne hai quattro!» «No, no, poi magari lo usi per comprarti una boutique... » «Ma dai, un solo!» «Va be', allora te lo do, ma solo se è una cosa buona sia per me che per te.» «Bene, mi è venuto in mente: vale sia per me che per te... » «È qualcosa per la casa? Un cane... » «No, il mio desiderio è questo: che ti vengano mille cazzi!» (mima cazzi che gli vengono fuori da tutto il corpo). Plim, plum, plam... mille! Un mostro! Neanche Rambaldi avrebbe concepito una macchina simile! In testa ci aveva... sembrava l'omino della pubblicità della Presbitero; sulla spalla ne aveva tre come le Cime di Lavaredo, tutti rosa; sul petto ne aveva undici in fila, tre in panchina, uno col fischietto; sulla peluria tanti cazzerellini tipo vietcong, uno nell'ombelico con l'autosveglia incorporata dentro; uno timido sotto l'ascella che diceva: «Non esco, non esco»; un altro tipo lo smemorato di Collegno vicino all'originale che ti guardava e ti diceva: sono io quello vero, sono io quello vero...; sul ginocchio ne aveva uno tipo Cossiga, che appena lo vedevano, gli altri cazzi si toccavano le palle; qui sul polpaccio aveva un cazzo fatto a Al Bano ... com'è? Uguale! Uno tipo Messner che gli saliva su per la schiena! Lui era disperato: ma guarda che brutta roba che sono! Non posso neanche andare in metropolitana che mi riconoscono! Sono l'unico caso di uno che prenderà l'Aids obliterando il biglietto! E poi non ce n'è neanche uno firmato! Mi hai rovinato!... E allora: che ti vengano mille... (mima con le mani lo spuntare di mille fiche). Difficile descrivere... Insomma, pensate che il primo pensiero che lei ha avuto è stato: qui mi servono mille litri di «Intima di Karinzia» ...

C'erano questi due mostri che giravano per casa cosi conciati... si abbracciavano: settecentodiciotto orgasmi! «Fermati, fermati! Quanti desideri abbiamo ancora? Due. San Martino, per favore toglici tutto... » (mima la sparizione di tutti i cazzi e le fiche. Si guarda e si accorge che san Martino ha tolto proprio tutto) ... Ma ci hai preso alla lettera! Tu sei san Paolo, non san Martino! Che scherzo del cazzo! L'ultimo desiderio: allora facci tornare normali, grazie» (si guarda in mezzo alle gambe per accertarsi che tutto sia a posto).

E allora lei gli chiese: dove vai amore? E lui: «Vado alla riunione». E allora lei nella maniera più postmoderna, postindustriale, ipercivilizzata gli domandò: «Scusa, ma quand'è che si tromba?» E lui nella maniera più ipermanageriale, postindustriale, postberlusconiana di un uomo in carriera le rispose: «Non rompermi i coglioni! L'orgasmo dura troppo e il tempo qui il tempo è denaro ... »