Scatafascio

Televisione

Scheda tecnica 

SCATAFASCIO

1997-98
Italia 1
Varietà satirico
Ideato da: Paolo Rossi
Scritto da: Paolo Rossi, Riccardo Piferi, Gino & Michele. Con Saverio Minutolo e Jacopo Fo.
Condotto da: Paolo Rossi con Natasha Stefanenko
Cast: Lucia Vasini, Giovanni Cacioppo, Raul Cremona, Maurizio Milani, Antonio Cornacchione, Giorgio Melazzi, Luca Fagioli, Giorgio Ganzerli, Bebo Storti, i ragazzi dello Scaldasole (Fabrizio Fontana, Ussi Alzati, Debora Villa, Michele Annunziata, Gianmarco Pozzoli, Gianluca De Angelis, Walter Leonardi, Peppe Ragonese)
Con la partecipazione di: Nadia Abubaker, Sara Cerrini, Eleonora di Miele, Elisabetta Pellini, Franziska Pera, Monica Somma, Luisella Tuttavilla
Regia di: Francesco Vicario

 

Descrizione

 

“Si tratta di un varietà satirico ambientato in un ipermercato metà lager e metà House of Blues di Chicago nel quale il funambolico Paolo Rossi si muove in gran scioltezza in camera look, regalando preservativi al pubblico e liberandoci dai mille luoghi comuni, compresi quelli della sinistra, che imbrigliano il pensiero. […]

Accanto a Rossi figura la statuaria Natasha Stefanenko, testimonial dell’ipermercato, truccata per metà come la replicante Daryl Hannah di Blade Runner e per l’altra metà come Anna Oxa. Molto ricco è il cast del programma, che mette insieme comici affermati e talenti in erba. “

 

(J. Baroni, Op. cit.)

 

Recensioni

Maria Novella Oppo
Paolo Rossi a "Scatafascio"
L’Unità, 2/12/97

 

DALLA ex fabbrica Caproni di Milano, dove un tempo si producevano aerei militari, è andato in onda ieri sera alle 23 su Italia 1 un bombardamento a tappeto chiamato «Scatafascio», oppure Paolo Rossi, che è lo stesso. Tutto è cominciato col classico taglio del nastro per l'inaugurazione di un grande ipermercato, dove si vende proprio tutto, anche i comici. Perché, spiega Rossi (che figura come direttore del centro commerciale) tutto è merce. «I tempi migliori sono finiti e il comico, come mestiere, è stato espropriato da chiunque». Conclusione logica: «Siamo nella merda e tanto vale tornare il lavorare».

Il discorso di Paolo Rossi procede, secondo il suo stile, per sintesi crudeli e paradossali, senza svicolare da snodi storici dolorosamente autobiografici come questo: «Ho creduto in Marx e ho sbagliato, ho creduto in Lenin e ho sbagliato, ho creduto in Mao e ho sbagliato. Adesso come faccio a credere in D'Alema? Ovviamente non mancano nello spettacolo i più ovvi bersagli: dalla Lega a Berlusconi. Ma è chiaro che, se la satira vuole continuare a fare il suo mestiere, deve tenere sotto mira anche la sinistra al governo. E, per riuscirci, bisogna essere capaci di farsi anche un po' del male.

Uscendo di metafora, lo show televisivo chiamato «Scatafascio» ha accumulato nella puntata di apertura, oltre a gag e comici, musica e poesia, caos e battute, anche alcuni motivi per così dire «ideologici». Il mondo delle merci andava spiegato a noi del pubblico, che pure siamo consumatori e merce nello stesso momento. Ecco lì per esempio la bellissima Natasha Stefanenko, chilometrica aliena alla «Blade Runner» che ci parla dal piccolo schermo con linguaggio imperativo da testimonial. Mentre Paolo Rossi si aggira intorno a lei in cerca di una scala per dare l'assalto al cielo dei suoi occhi folgoranti. Poi si parte per il giro dell'ipermercato, per consentire ai vari stand di mostrare la loro merce. Per esempio il libro mai scritto di Antonio Cornacchione, o i giovani comici accompagnati dal prete che li ha salvati dalla strada per consegnarli forse a un destino ben peggiore, quello della televisione. Nel bailamme c'è il posto per una distribuzione pedagogica di preservativi e anche un minuto, anzi 30 secondi (che secondo Paolo Rossi bastano) per fare l'amore. L'invito è rivolto al pubblico a casa. Gli artisti tacciono e aspettano. Poi ricominciano a fare il loro mestiere. Tra molti «cazzo» e «vaffanculo» così svuotati del loro senso, così leggeri, che diventano solo un suono, un ritmo adatto a scandire il caos in cui viviamo e ridiamo, se ancora ne siamo capaci. E se qualcuno ancora si scandalizza, vuol dire che non ha orecchie perla musica.

 

Recensioni 

Norma Rangeri
«Vespri tv»
Paolo Rossi, comicità di un material-boy
Il Manifesto, 3/12/ 1997

 

Entrata dinoccolata alla Dario Fo, grande baraonda di nani, musicisti e giocolieri, cono di luce sul monologo e «cazzo vuoi» come se piovesse. È tornato Paolo Rossi, il folletto della comicità underground. È tornato con «Scatafascio», un programma di ltalia 1, la rete diretta Giorgio Gori, artefice di un palinsesto che assembla tutto il meglio del genere (Mai dire gol, Dillo a Wally, Facciamo cabaret) utilizzando la ricca compagnia di giro dei comici milanesi. A dimostrazione del fatto che tutte le reti sono uguali, o meglio, che non c'è più un servizio pubblico dove sperimentare generi e talenti. E semmai, con l'onda libera della satira e l’informazione impegnata di Santoro, lo spazio televisivo che più si avvicina alla vecchia terza rete è proprio Italia 1.

«Scatafascio» esteticamente è déjà vu, ripropone l’immagine con cui cinque anni fa si presentò «Giù la testa». Uno spazio poco illuminato in cui si aggirano personaggi di un mondo sotterraneo che rielaborano a modo loro la società luccicante di superficie. Fuori, nella realtà dei consumi perenni c'è l’Ipermercato illuminato dalle merci colorate, nel sottolivello c'è l'hard discount di Paolo Rossi, un vasto locale sporco, malandato, dove regna il baratto.

Dopo tanto discutere sulla difficoltà della satira ai tempi dell'Ulivo, Paolo Rossi dà la sua semplice e efficace risposta: «La comicità è finita, quella che c'è è involontaria». Una verità che ogni sera il telespettatore può verificare nei dibattiti politici a base di risotti e lavagnette. Non solo. Bisogna anche smetterla di pensare che i comici siano angeli di un mondo non contaminato dal denaro, dalle merci. Pubblicità, televendite e lauti ingaggi fanno del comico un prestatore d’opera come qualsiasi conduttore. E infatti Paolo Rossi spiega che nel suo programma ci sono televendite e pubblicità perché è finita la fase della «resistenza» ed è iniziata quella della«sopravvivenza».

Lo spettacolo si snoda lungo i canoni classici del monologo irriverente che non risparmia nessuno, figurarsi Berlusconi («stai sputando nel piatto dove mangi? sì, è il mio»), delle scenette con i vari personaggi (Bebo Storti, già conte Uguccione, ora nella parte dell'intrattenitore alla Dean Martin, Maurizio Milani, Lucia Vasini, Aldo Giovanni e Giacomo), noti e meno noti (inquietante il tizio, si chiama Ganzerli, armato di una risata nevrotica). E dopo aver visto la scena finale, con Rossi immerso in una vasca piena di spaghetti al pomodoro (con relativo lancio dei medesimi su un pubblico di fan soggiogati) si può dire che forse il folletto non sarà più materialista («ho creduto in Marx e mi sono sbagliato, ho creduto in Lenin e mi sono sbagliato: con tutta la buona volontà, come faccio a credere in D’Alema?») ma è sempre un material-boy.