Televisione
Scheda tecnica |
La vignetta |
SU LA TESTA 1992-93
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Vignetta regalata da Ellekappa a G&M |
Descrizione |
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“Dicono gli autori: ‘Non è un programma giornalistico e non è un varietà, non è un programma puramente critico e non è un programma arbitrariamente satirico, non è un programma girato in studio e non è un programma girato in piazza…’ Ndr La trasmissione fu fortemente voluta dal direttore di Raitre Angelo Guglielmi, che chiese a G&M, appena si fossero liberati dagli impegni televisivi con Fininvest, di costruire un varietà satirico. Dopo alcune tergiversie contrattuali, G&M riuscirono a ottenere il programma-spettacolo con il protagonista ideale: Paolo Rossi, col quale da anni lavoravano in teatro e che partecipò attivamente anche alla costruzione dello show. A Rossi si devono soprattutto l’impiego in tv di Lucia Vasini, Bebo Storti, Aldo Giovanni & Giacomo, il gruppo musicale dei C’è quel che c’è. Gli altri comici, tra cui l’irresistibile debuttante Antonio Albanese, provenivano dai provini e dalla programmazione del locale Zelig.
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Recensioni |
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Alessandra Comazzi
HANNO fatto dieci puntate, come da contratto, e se ne sono andati: stanchi ma felici del franco successo ottenuto. Domenica si è chiuso il breve ciclo di «Su la testa!», e si è chiuso con una puntata molto bella, densa, piena di Jannacci e di ritmo (davvero, anche se Paolo Rossi si prendeva in giro da solo dicendo, come i presentatori veri: «Ritmo, ritmo, dobbiamo andare avanti, siamo in tanti»). Un'ora antologica, un'impennata dopo qualche segno di stanchezza delle scorse settimane, un pro-memoria per tutti coloro che ogni domenica, alle 11 meno un quarto, si piazzavano davanti a Raitre: «Dài, andiamo a casa che c'è Paolo Rossi». O, non potendo, registravano.
Ma del programma, colpiva soprattutto il programma, forte e nuovo. Che poi proprio nuovo non era, perché arrivava dal teatro. Infatti chi guarda poco la tv non si spiegava tutto il rumore nato intorno alla trasmissione. Gente (pare impossibile, ma ce n'è) che non ha mai visto Frizzi, che di Baudo in concorrenza con Mike Bongiorno se ne stropiccia, che non sa cosa siano i quiz e le telefonate da casa, che ignora Castagna e la sua piazza, prende questa busta o prende quella: all'improvviso, incuriosita dal gran parlare, accende la televisione e vede Paolo Rossi: va bè, tutto lì, perché stupirsi tanto, era già così in «Operaccia romantica». Certo, ma che cosa c'è intorno, sul video? La desolazione. Per forza poi si bada troppo a programmi come «Su la testa!» o «Avanzi». Con il passare delle settimane, pure le accuse di veterosinistrismo, per la banda di Rossi, si sono attenuate. Hanno vinto la poesia, la malinconia: ma non il disincanto. Perché a «Su la testa!», di speranza (almeno di raccontare storie) forse ne hanno ancora. Per questo smettono, per continuare ad averla.
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Recensioni |
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Emanuela Pirella
E lavora con serietà Paolo Rossi, il bambino cattivo di "Su la testa". Si ride? Certo che si ride. Ma non ci sono giochi di parole, né sosia. né travestimenti da donna. Non si accenna nemmeno alle tasse o ad Amato. Non si fa il verso a nessuna trasmissione televisiva. Si raccontano storie e umori milanesi, colti nella realtà giovanile di quartieri che si chiamano Quarto Oggiaro o Gratosoglio. Paolo Rossi e Gino & Michele scrivono contro i rischi del rincoglionimento. Ne raccontano i sintomi e mettono in guardia contro il contagio. Sognano una realtà all'incontrario, metà Zavattini e metà Dario Fa, in una delle poche utopie ancora circolanti in Italia. Certo, volano parolacce in "Su la testa". Meno di quante sia possibile rintracciarne in natura. E parolacce diventano, in una prospettiva rovesciata, gli inviti all'amore, cantati dai finti giovani della Confindustria, gli inni all'arcobaleno di quando "torna il sereno". Il regista, Paolo Beldì, insegue la faccia di Paolo Rossi, ne coglie la grande energia comica, la voglia di battersi, le stanchezze. E non si può non ridere, quando il lavoro è così ben fatto, quando i giochi di parola sono così pochi. |