I vicini di casa

Televisione

Scheda tecnica

I VICINI DI CASA

1991-92
Italia 1
Sit-com
Ideato da: Gino & Michele
Scritto da: Gino & Michele con (nell’arco delle due serie) Gialappa’s Band, Marco Posani, Walter Fontana, Pongo, Armando Gentile, Gabriella Ruisi, Fabio di Iorio.
Condotto da: Serena Dandini
Cast (nell’arco delle due serie):Teo Teocoli, Silvio Orlando, Gene Gnocchi, Gabriella Golia. E (nell’arco delle due serie) Opéra comique, Enzo Cannavale.
Regia di: Silvia Arzuffi

 

Descrizione

 

“La sitcom all’italiana ha ne I vicini di casa uno dei suoi esempi più riusciti e atipici. Commedia non d’intreccio ma di situazione, è tutta giocata sulla comicità intelligente e paradossale dei suoi autori e dei suoi interpreti. Nel condominio Potiomchi sono ambientate le improbabili avventure di uno sparuto gruppetto di giovani non più giovanissimi, eterni Peter Pan rigorosamente single. Animatrice della comicità a puntate è la strana coppia dei fratelli Bauscia (Teo Teocoli e Silvio Orlando) , figli dello stesso padre ma con madre rispettivamente milanese e napoletana. Vicino di casa è Eugenio Tortelli (Gnocchi), inventore di giochi per bambini, innamorato della bella signora della porta accanto, Gabriella Golia.
Il divario tra nord e sud, la tifoseria oltranzista e altri problemi tipicamente italiani sono sfiorati e intelligentemente sdrammatizzati dall’ironia surreale di Gino e Michele.” (Aldo Grasso, Op. cit.).

Ndr I vicini di casa fu ideata da G&M e scritta con un gruppo di autori “giovani” tra cui i tre della Gialappa’s, Walter Fontana e Marco Posani, oggi affermati autori televisivi. La sit com, che inspiegabilmente non è stata più replicata per intero sulle reti generaliste, fu costruita e mandata in onda in due serie. La prima, secondo tradizione, formata da venti episodi di 22 minuti. La seconda, sperimentalmente, in puntate di durata doppia: 45 minuti.

 

Recensioni

Aldo Grasso
«A fil di rete»
Sane Sit-com in palinsesti drogati
Corriere della Sera, 27/01/1992

 

[…] «I vicini di casa è una delle più riuscite invenzione della nostra tv: un’ora di umorismo di buona lega, un’ora di intelligente confronto con l’immaginario giovanile, un’ora di sventata identificazione. Non vogliamo, noi tutti, essere solidali con Orlando quando dichiara di rifiutarsi di “sposare le ragazze italiane perché sono tutte imbarbarite dalla televisione e dalla pubblicità”?

Una sit-com funziona quando ha bravi attori e una smagliante sceneggiatura; per ora soltanto Casa Vinello era riuscita nell’intento di accoppiare i due ingredienti.

Gino e Michele (un po’ come Gilbert e Sullivan o Garinei e Giovannini) sono ormai una sigla sotto le cui insegne lavorano schiere di battutisti: legna da ardere non ne manca mai.

Ma l’elogio più riconoscente va a loro, gli interpreti. Teo Teocoli è un grande esempio di professionalità; a differenza del suo amico Massimo Boldi (che crede ancora sia sufficiente mostrare la faccia per far ridere) si è affidato a chi le battute sa scriverle davvero e in questi anni è cresciuto. Stessa sagacia va riconosciuta a Gabriella Golia, così autoironica nel confrontarsi con il suo doppio televisivo e con i suoi fantasmi di “annunciatrice insoddisfatta”.

Enzo Cannavale si è inserito con la solita, consumata bravura. E poi ci sono loro due, Gene Gnocchi e Silvio Orlando, il Nord e il Sud della risata, la mezzanotte (il Gene sembra sempre dormire) e il Mezzogiorno (Silvio è perennemente abbacinato) del buonumore. Proteggiamoli, diamo loro una fissa dimora.

[…]

Recensioni

Beniamino Placido
«A parer mio»
Le risate artificiali come lo sciacquone
La Repubblica, 19/1/1991

Ciò che più dispiace in certe trasmissioni televisive è lo sciacquone. Termine probabilmente grossolano. me ne rendo ben conto (per sciacquone si intende, secondo il vocabolario «il dispositivo di un impianto igienico adibito allo scarico dell'acqua del gabinetto»).
Ma come definire altrimenti quello scroscio di risate – falso, artificiale, registrato, che interrompe cene commediole televisive a puntate («sit-comedies»: all’americana).
Lo sciacquone c'è in «Casa Vianello» (Canale 5), e non si capisce perché. Raimondo Vianello e Sandra Mondaini sanno farci ridere – o sorridere-quando vogliono. Ma pare che non basti. Di tanto in tanto. Qualcuno tira rumorosamente lo sciacquone, in quella loro casa che ci si immagina tanto più silenziosa, e viene giù uno scroscio di risate: prefabbricate.
C'è in «Villa Arzilla (Rai-due) lo sciacquone. Ma non serve a propiziare risate vere a quei valorosi vecchi attori (da Ernesto Calindri a Giustino Durano) che recitano un copione spesso faticoso.
C'è infine - e proprio non me l’aspettavo -lo sciacquone degli applausi anche in «I vicini di casa» Questa sit-comedy scritta da Gino e Michele (Italia 1, il giovedì sera) da cui molto ci aspettavamo. E ancora molto ci aspettiamo. Ma vi pare che Teo Teocoli nella parte dello scapestrato gaudente Teo Bauscia abbia bisogno di risate finte per farci ridere? Ma vi pare che ne abbia bisogno il suo fratello ritrovato (e sopportato) Silvio Orlando? Ma vi pare che ne abbia bisogno il loro vicino di casa Gene Gnocchi, bizzarro inventore da pianerottolo?
A noi pare di no, ma agli autori di questa sit-comedy è parso invece di sì. Ogni tanto bisogna tirare la catena o premere un bottone e lo scroscio di risate - sempre uguale, artificiale - deve venir giù. Così i telespettatori a casa capiscono che devono mettersi a ridere anche loro.
Se gli autori di queste trasmissioni sapessero di dove viene questa pratica (inutile e fastidiosa) dello sciacquone, si spaventerebbero e vi rinunzierebbero subito.
Viene dall’esempio della televisione commerciale americana, essi dicono. Ma nemmeno per idea assai più antica: neroniana. Viene giù direttamente da Nerone. Proprio da lui, da quel tale, famigerato imperatore romano che incendiava l’urbe e dava la colpa ai cristiani. E che aveva di più la fissazione di essere un intellettuale, uno scrittore, un artista (come tutti, del resto, ancora oggi a Roma).
L’idea dispotica di controllare il pubblico, di prevederne e governarne le reazioni. Devi applaudire quando dico io. Devi ridere quando rido io. Non sto parlando del Nerone caricaturale di Petrolini. E nemmeno in quel comico imperatore di cui si parla in «Ok Nerone», mirabile film italiano anni ’50 di Mario Soldati. No, parlo proprio del Nerone vero, quello raccontato dagli storici. Prendete le «Vite dei Cesari» di Svetonio e vi trovereste scritto che «Quando lui (Nerone) cantava nessuno poteva lasciare il teatro, nemmeno per le ragioni più urgenti. Si dice che alcune donne furono addirittura costrette a partorire in platea. Mentre altri, profondamente annoiati dall’obbligo di ascoltare e di applaudire (“multi tedio audiendi disperati”) scappavano disperati, buttandosi dalle finestre.
Siamo sempre lì: alla vecchia idea - neroniana ieri, televisiva oggi - di assicurarsi comunque il pubblico, di obbligarlo a star lì fermo, seduto. Senza ricorrere al telecomando. O ti mangi questa minestra…
Se i teorici dello sciacquone televisivo sapessero come poi Nerone è finito- una fine miserevole raccontata da Svetonio nel capitolo cinquantesimo - forse la smetterebbero di imitarlo. Scaricandoci addosso risate prefabbricate. E metterebbero più impegno a farci ridere (o sorridere) loro. Direttamente. Onestamente.[…]

Recensioni

Beniamino Placido
«A parer mio»
Ma quelle risate sono particolarmente necessarie?
La Repubblica, 8/1/1992

Posso chiedere un favore? Non è un favore particolarmente oneroso. Si tratta di guardare programma televisivo che va in onda questa sera e di aiutarmi poi a capirne un dettaglio.
Il programma televisivo in questione è «I vicini di casa», in onda su ltalia 1 alle 20.30. No, non è un favore oneroso quello che chiedo. Non si tratta di un programma lungo, dura un’ora soltanto. Non si tratta di un programma pesante. Anzi. È una sit-comedy. Una divertente commedia a puntate, che vede in scena sempre gli stessi personaggi. Ci sono i fratelli Bauscia: Teo Teocoli e Silvio Orlando, inurbati faticosamente a Milano. Ci Sono i loro vicini di casa Gene Gnocchi e Gabriella Golia. C'è adesso anche il ciarliero portiere, Enzo Cannavale.
Divertimento assicurato. Ma c'è un ma. Ogni tanto questa situation comedy viene interrotta. Dagli spot, direte voi, pronti ad indignarvi. lo non mi indigno. Mi pare che il programma sia stato saggiamente costruito con dei tempi che prevedono le interruzioni pubblicitarie.
Purtroppo il programma è frequentemente interrotto da (o punteggiato di) risate. Risate meccaniche, registrate su nastro, e messe lì per dire: quanto ci divertiamo. Vi state divertendo anche voi, a casa?
E’ un vezzo, un vizio preso di peso dalla situation comedy americana ed applicato meccanicamente da noi un po' dappertutto. Anche in «Casa Vianello» (Canale 5) di Raimondo Vianello e Sandra Mondani, che proprio non ne hanno bisogno. Non ne hanno bisogno nemmeno «I vicini di casa», se è per questo. E in questo senso mi sono già espresso in una diversa occasione. Esattamente un anno fa.
In quella circostanza gli autori del programma, che sono poi Gino e Michele, gli spiritosi autori del fortunatissimo libro «Anche le formiche nel loro piccolo si incazzano» mi scrissero una lettera estremamente civile, assai bene argomentata, che mi pare sia venuto il tempo di far conoscere. È una lettera privata, d'accordo. Ma dopo un anno una lettera privata si può rendere pubblica. Lo dice anche il Codice, mi pare (e se non lo dice ancora, farebbe meglio a dirlo).
In quella lettera da Milano, datata 20 gennaio 1991, Gino e Miche1e scrivevano: lei ha ragione. Anche noi avevamo dei dubbi su quelle risate meccaniche. Ma in Azienda ci hanno detto: siete matti. E poi, perché non vi fate i fatti vostri? «Il packaging compete al marketing ».
«Quindi un manager del marketing esperto in packaging ci ha sommerso di dati, di test, di prove d'acquisto per dimostrare che il consumatore non solo non disprezza, ma vuole le risate».
«C'è poi un altro problema » - dicevano ancora in quella lettera - ormai pubblica - Gino e Michele. «Non è facile. Non è per niente facile convincere un comico a lavorare senza risate, anche se sono finte. E questo al di là del nostro fastidio personale e comprensibile. Se il cacciatore spara col silenziatore non si diverte,è sconcertato».
Persuaso da queste argomentazioni: o quanto meno, reso perplesso da esse, ho messo da parte la suesposta letterina di Gino e Michele. L’ho ficcata in un cassetto. La tiro fuori adesso perché nel frattempo qualcosa è accaduto.