L'araba fenice

Televisione

Scheda tecnica 

L'araba fenice

1988
Italia 1
Varietà satirico (in sostituzione di Matrjoska)
Ideato da: Antonio Ricci
Scritto da: Antonio Ricci con Lorenzo Beccati, Gino & Michele, Davide Parenti, Max Greggio, i Gemelli Ruggeri
E con la collaborazione di: Gialappa’s Band, Corrado Guzzanti, Matteo Molinari, Adriano Bonfanti, Martino Ragusa
Cast: Mazouz M.Barek, Sabina Guzzanti, Silvio Orlando, David Riondino, Moana Pozzi, Eva Robbins, Stefano Bicocchi (Vito), Disegni&Caviglia, Syusy Blady e Patrizio Roversi, Giorgio Celli, Daniele Piombi, I Gemelli Ruggeri, Francesco Salvi, Riccardo Pangallo, Ivano Spano, lo “Scrondo”
Regia di: Paolo Beldì

 

Descrizione 

 

“Il varietà riunisce lo stesso cast e ripropone con poche modifiche la medesima struttura di Matrjoska, contestato programma di Antonio Ricci mai andato in onda perché censurato dalla stessa Fininvest. Costruita sugli interventi satirici e sfrontati dei numerosi comici che vi partecipano, la trasmissione ha come sfondo culturale il mondo de cinema, rappresentato da due tipologie di registi agli antipodi, il “Vanzina” di Salvi e il Montecucco di Riondino, l’uno prototipo del regista di film di cassetta, l’altro caricatura del film engagé. La distanza fra i due è colmata dalle critiche impegnate di Silvio Orlando e dall’ironia colta di Eva Robin’s.” (Aldo Grasso, Op. cit.)

Ndr Sia alla censurata Matrioska che all’Araba fenice (nata, come suggerisce il titolo, dalle sue ceneri), G&M parteciparono praticamente con lo stesso gruppo di autori di Drive in. Anche qui si occuparono di situazioni specifiche (per es. i pezzi di Silvio Orlando, che portarono in tv dal teatro) , oltre che della gestione collettiva del programma.

  

Recensioni

Beniamino Placido
Rubrica «a parer mio»

Dall’Italia di Pasolini a quella di Mazuz
Repubblica, 27/4/1988

[...]
Meno male che poi è venuta «L’Araba Fenice». Vero è che quest'ultima - e discussa, e tormentata - invenzione televisiva di Antonio Ricci ha tutti i difetti che le sono stati attribuiti. E' vecchia, si è detto. E' fatta con numeri riciclati di «Drive in», di «Lupo solitario» nasce dalle ceneri di «Matrijoska». Questo è vero, però ...
PERO' E' ANCHE VERO che non si può pretendere da nessuno di rinnovarsi una volta l'anno. Da nessuno. Nemmeno dal bravissimo, benemerito Ricci. Nemmeno dalla benemerita Fenice che rinasce, sì, dalle proprio ceneri, ma ci impiega un po' di tempo. «Che la Fenice more e poi rinasce quando al cinquecentesimo anno appressa». Lo dice Dante (Inferno, Canto XXIV).
PERO' E' ANCHE VERO che delle cose nuove, e gradevoli, quest'«Araba Fenice» ce le porta, ogni lunedì sera. Dal Commissario Palombo, che trovo irresistibile, a Sabina Guzzanti: stridula e penetrante sia come Chiromante Tatiana che come monaca nevrotica; a Davide Riondino, nel nuovo ruolo di un regista televisivo sussiegoso e fatuo; allo Scrondo: che rassomiglia tanto a quei ragazzini impertinenti che ci viene voglia di prendere subito a pizzicotti, quando li incontriamo in casa degli amici; a Moana Pozzi, che è «passata» tre volte rapidissima l'altra sera: nuda silenziosa e bianca come Lady Godiva.
PERO' E' ANCHE VERO che una cosa assolutamente nuova in quest’«Araba Fenice» c’è. E questo presentatore marocchino che sia chiama Mazuz Barek e che fa di professione  (mobilissima professione) il venditore ambulante di tappeti («vu’ cumprà») per le piazze e per le spiagge.
MI PERMETTO di aprire una parentesi. Nei primi anni settanta mi trovavo all’università di Roma: insegnando non so che cosa ma imparando molto. Ho imparato, per esempio, che le ragazze in quegli anni caldi, volevano assolutamente fare la loro tesi di laurea su uno scrittore americano sì, ma negro. E fin qui tutto bene. Il fatto è che questo scrittore negro lo volevano anche rivoluzionario. E fatalmente, e puntualmente dopo averne esaminato la vita, l’opera e la fortuna critica dichiaravano deluse di non averlo trovato rivoluzionario abbastanza.
NOBILI SENTIMENTI, niente da dire, però subito dopo la laurea queste stesse generose ragazze correvano a sposare (se possibile) un ingegnere della IBM: dotato di tutte le virtù, naturalmente, ma nient’affatto rivoluzionario. E di pelle impeccabilmente bianca (meno che nei mesi dedicati all’abbronzatura). E intanto nessuna di loro scambiava mai una parola, un sorriso, un saluto con gli studenti somali – di pelle leggermente più nera – che stazionavano già allora fra il piazzale della Minerva e piazza Indipendenza.
SIA CONSENTITO ESPRIMERE un vivo apprezzamento ad Antonio Ricci per l’invenzione televisiva spiritosa e civile (le due cose vanno spesso insieme) di questo Mazuz Barek, venditore di tappeti e conduttore. Specie oggi che gli elettori americani mortificano le illusioni del candidato nero Jackson; specie oggi che gi elettori francesi dicono di no ai marocchini che hanno (e che hanno voluto, quando faceva comodo) in casa.

[...]

 

Recensioni 

Antonello Catacchio 
E’ quasi Matrjoska 
Il Manifesto, 13/4/1988

Si racconta che fossero necessari cinquecento anni all’araba fenice per risorgere dalle proprie ceneri in forma smagliante. Troppo poco quindi il mese a disposizione dei curatori di Matrjoska perché dalla vituperata trasmissione potesse rispuntare L’araba fenice leggendaria. Così gli uccellacci variopinti che dominano la nuova scenografia sembrano pollacchiotti ai quali siano state tarpate le ali perché non potessero prendere il volo.

Italia 1 lunedì sera sembrava in preda di un attacco improvviso di schizofrenia. Un mese fa, un fiotto di latte e menta vomitato dallo Scrondo su un televisore, aveva scatenato reazioni molto più scomposte del gesto che le aveva provocate. Ed ecco che prima della messa in onda di L’araba fenice, Il senso della vita dei Monty Python, grazie a un palinsesto sbeffeggiante inonda i teleschermi con la più travolgente scena di vomito che la storia del cinema ricordi. Stranezze dell’emittenza, ma anche colpo basso agli autori della trasmissione, richiamati in qualche modo all’ordine ed assolutamente impossibilitati quindi a competere sul piano della trasgressione con i discolacci inglesi. Aveva le sue ragioni Ricci quando riteneva che il bailamme scatenato a proposito di Matrjoska l’aveva resa improponibile. Ma altrettanto inevitabile era che l’onda lunga attirasse l’attenzione su L’araba fenice. E qui affiora un pizzico di delusione.

Smussate le asperità la nuova trasmissione risulta simpaticamente gradevole, ma ha perso la grinta originaria. Il presentatore marocchino ironizza sugli stacchi pubblicitari, surclassando Costanzo nell’annunciare i «Vu cumprà», e qualche videocassetta finisce in betoniera, ma le unghiate nei confronti della dilagante stupidità tv risultano stemperate. Lo Scrondo ha indirizzato i suoi maltrattamenti verso il perfido propinatore, Roversi ha intervistato Moana Pozzi per scoprire che non si tratta di pentitismo socioculturale, 16 bambolone 16 sono sbarcate per sollevare il morale della truppa, Abatantuono ed il cammello Roberto si sono insinuati per aggiungere un pizzico di novità, resuscitando la parlata del terrunciello.

Eppure nell’insieme appaiono semplici iniezioni vitaminiche, incapaci di mascherare i segni devastanti che polemiche e amputazioni hanno lasciato sul corpo matrjoskeo della trasmissione. Un corpo che a sprazzi ha saputo ancora reagire, con alcune delle trovate intriganti previste per il contenitore bambolina: la storia di Croda, la cantante Matilde di Sabina Guzzanti, Pierino Brunelli, scocomerato autentico scovato da Syusy.

Forse in omaggio al clima arabo della trasmissione, il cocktail fra vecchio e nuovo ad un primo assaggio risulta un po’ annacquato, il tasso alcolico appare modesto rispetto alle aspettative, ma non è detto che il prossimo shakeraggio non possa ridare il tono desiderato.